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Sedentarietà: l’Italia al 13° posto tra i paesi più pigri

Tredicesimi al mondo per pigrizia. Così l’Università di Stanford ha classificato l’Italia, nell’ambito di uno studio globale volto ad individuare i livelli di attività dei cittadini di tutto il pianeta, allo scopo di capire quali fossero le nazioni più sedentarie, e quali le più attive.

Strumento chiave dello studio, pubblicato sulla rivista Nature, è lo smartphone: è attraverso migliaia e migliaia di telefonini, infatti, che i ricercatori dell’università americana hanno potuto misurare i passi giornalieri mossi da altrettante persone in tutto il mondo, da Nuova Delhi, a Roma, a Washinghton DC, dati che successivamente sono stati confrontati a livello globale per stilare la classifica.
Sebbene indagini precedenti e studi sulla popolazione condotti in passato avessero già rivelato che i livelli di attività fisica svolta quotidianamente dalle persone variano sensibilmente di Paese in Paese – spiegano i ricercatori di Stanford – ciò di cui c’era bisogno erano maggiori informazioni riguardo al modo in cui questi livelli cambiano all’interno dei singoli Stati e che relazione c’è tra il moto quotidiano giorno pro capite, eventuali conseguenze legate alla salute, e variabili come l’assetto urbanistico della città.

In Indonesia i più pigri

A scorrere i risultati, al primo posto della classifica dei Paesi pigroni si sono posizionati gli indonesiani, che muovono in media appena 3.513 passi al giorno, per una distanza totale di circa 2 chilometri. Diametralmente opposti, invece, sono gli abitanti di Hong Kong, vincitori del titolo di popolazione più dinamica, con i loro 6.880 passi percorsi ogni giorni di media, cioè più o meno 4,1 chilometri.

Gli italiani percorrono 3 km al dì

L’Italia, come si è detto, si è classificata tredicesima, e in questo caso la media di passi al giorno è un po’ più alta di quella indonesiana, e raggiunge quota 5.296, all’incirca 3 chilometri quotidiani.
Complessivamente, sono circa 717mila le persone studiate tramite gli accelerometri incorporati negli smartphone, provenienti da 111 Paesi del mondo, 46 dei quali inseriti nella classifica pubblicata su Nature. E a influire sui dati raccolti sono diversi fattori, tra cui, ad esempio, la mobilità urbana: città più a misura d’uomo, in cui i mezzi privati non sono indispensabili, incoraggiano le persone a camminare (giovani e anziani), e quindi finiscono per ottenere – in classifica – punteggi migliori. Ma anche le politiche nazionali dei singoli Stati relativamente alla Sanità hanno avuto un impatto sul contapassi dei partecipanti allo studio.
Donne e uomini, poi, dimostrano sensibili differenze nei passi accumulati quotidianamente. Le regioni meno mobili, come ad esempio gran parte degli Stati Uniti, infatti, sono paradossalmente quelle in cui si registra un gap maggiore tra i sessi, con le donne che risultano più inattive e perciò più soggette al rischio obesità.

A cura della Dott. ssa Beatrice Masserini, Studio Cassinis

Fonte www.lapalestra.it

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